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La musica ha bisogno di tempo

di Stefano Chiappa

Dove sta andando la musica?

Ormai ogni mese escono migliaia di brani, decine di migliaia di album.
Appena inizi ad ascoltare qualcosa, già devi passare al prossimo.
È diventato praticamente impossibile metabolizzare davvero un disco: ascolti, skippi, passi oltre.

Forse il problema oggi non è tanto il prezzo a cui possiamo accedere alla musica, ma la quantità stessa di musica che viene buttata fuori ogni giorno. Siamo bombardati. E l’attenzione non regge.

Bisogna essere costanti, dicono. Bisogna pubblicare tanto, dicono. Bisogna esserci sempre, dicono.

Ma serve davvero essere over-produttivi? Serve davvero sfornare musica come se fosse fast food?

Più aumenta la quantità, più cala la qualità. Più cresce l’offerta, più si abbassa l’attenzione.

La musica ha bisogno di tempo

Il tempo di essere scritta, suonata, vissuta. Il tempo di essere capita, sentita, fatta propria da chi ascolta.

E allora ti chiedi: esistono ancora i classici? Esistono ancora quei dischi che ascolti oggi, domani, tra cinque anni, e ogni volta ti sembrano nuovi? Esistono ancora quelle canzoni che non invecchiano, che rimangono lì, anche quando tutto il resto cambia?

Oggi sembra che il vero obiettivo sia creare una hit da classifica, non un classico senza tempo. Creare qualcosa che dura il tempo di una stagione, non il tempo di una vita.

Ma un classico non nasce per sbaglio. Un classico non nasce per inseguire l’algoritmo. Un classico nasce quando ti prendi il tuo tempo, quando non hai paura di andare controcorrente, quando decidi che preferisci parlare a pochi in profondità, piuttosto che a tanti in superficie.

Il problema è che oggi tutto deve essere veloce: anche la musica. Anche le emozioni devono essere veloci. Anche le relazioni con i fan devono essere veloci. Ci si abitua troppo, troppo in fretta a tutto. E abituare troppo il pubblico è pericoloso.

Stare dietro ai trend, agli algoritmi, ai fan che vogliono sempre qualcosa di nuovo, non è facile.

Ma forse non è nemmeno giusto.
Forse dovremmo ricordarci che la musica è un tempo sospeso, non una corsa a chi pubblica di più.

In che direzione stiamo andando, allora?

Verso una musica usa e getta?
Verso una discografia da consumare e dimenticare?

Io continuo a pensare che la differenza la farà chi saprà rallentare.

Chi saprà prendersi il tempo di costruire qualcosa che resta. Non chi rincorrerà l’ennesimo trend, l’ennesima sfida a chi è più veloce.

Perché la musica vera, quella che ti entra dentro, ha bisogno di tempo. Sempre.