Anastasio ha annullato due date del suo tour: Bari e Perugia. Lo ha fatto con un breve video pubblicato sui suoi social, in cui ha ammesso senza troppi giri di parole: «non abbiamo venduto abbastanza biglietti».
Una frase semplice, diretta, che però nel panorama musicale italiano fa ancora notizia. Perché sì, è raro che un artista ammetta un flop. È raro che dica pubblicamente di non essere riuscito a vendere abbastanza da giustificare un concerto. Eppure è quello che è successo: circa 40 biglietti venduti per Bari, pochi meno per Perugia. E se non raggiungi almeno una soglia minima di sostenibilità, il live non si fa. Non è solo una questione d’orgoglio: è una questione economica.
Dietro un concerto ci sono musicisti, tecnici, fonici, service, luci, trasporti. Non è solo l’artista a salire sul palco. È un intero microcosmo che deve funzionare — e costare il giusto. Se il pubblico non copre nemmeno una parte di quei costi, l’annullamento diventa una scelta inevitabile. Ma non per questo meno dolorosa.
Non è la prima volta che un artista affronta pubblicamente un momento di difficoltà legato ai numeri. Lo fece anche Ligabue nel 2019, dopo l’uscita del suo album Start. In quell’occasione, durante il tour negli stadi, il rocker emiliano dovette fare i conti con un pubblico inferiore alle aspettative. Non annullò nessuna data, ma fu costretto a spostare il palco più vicino alla platea per evitare “buchi” evidenti nelle immagini, e migliorare l’esperienza per chi c’era davvero. Anche allora ci fu un comunicato chiaro: “non sta andando come previsto”.
In un’epoca in cui sembra che tutti facciano sold out, in cui i post con “TUTTO ESAURITO” fioccano anche quando i biglietti vengono svenduti o regalati, la sincerità di Anastasio fa rumore. Perché rompe il gioco delle apparenze. E perché ci costringe a fare i conti con una realtà che riguarda tutti, artisti emergenti compresi.
Anastasio ha attualmente quasi 100.000 ascoltatori mensili su Spotify. Eppure, non è riuscito a portare nemmeno cento persone totali a due concerti. È qui che la narrazione salta. Perché quegli ascolti non sono fan. Sono numeri. Sono ascoltatori passivi.
È una lezione importante: non confondere mai i tuoi stream con i tuoi fan. I fan pagano un biglietto. Si spostano. Vengono sotto al palco. Gli altri, semplicemente, cliccano play. Magari una volta. Magari per caso. Magari neanche ti conoscono davvero.
E allora, soprattutto per chi fa musica oggi, per chi sogna di vivere di questo mestiere, vale la pena ricordarselo:
- I numeri non sono tutto.
- I sold out non sono sempre veri.
- Le carriere si costruiscono con la realtà, non con gli screen.
Anastasio ha perso due concerti. Ma ha detto la verità. E in un sistema che si regge spesso sulle illusioni, forse è già una piccola, grande vittoria.